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Attenzione alle proposte di lavoro truffa ecco come riconoscerle

Proposte di lavoro truffe e false online
Ecco le 10 regole d'oro per non cadere vittime di un raggiro.

1. Le aziende affidabili non nascondono nulla: descrivono subito lavoro offerto, requisiti richiesti e compenso. Fanno leggere e firmare un contratto primadi iniziare qualsiasi sorta di attività.

2. Una società affidabile che vi offre un’occupazione (in ufficio o da casa), vorrà certamente vedere prima il vostro curriculum vitae e le vostre referenze.

3. Può sembrare banale, ma vale la pena di ripeterlo: quando un'offerta sembra troppo bella per essere vera, probabilmente è falsa.

4. Diffidate delle aziende che non indicano la propria ragione sociale e la partita Iva.

5. Effettuate ricerche on line - ad esempio nel registro imprese della Camera di commercio o sul sito dell’Agenzia dell’Entrate - per verificare l’affidabilità dell’azienda proponente.

6. Guardate con molto sospetto aziende che vi chiedono contributi economici per poter avviare il rapporto di lavoro.

7. Non acquistate kit o materiali di qualsiasi tipo necessari per l'avvio di un'attività a domicilio.

8. Diffidate di chi vi chiede di fornire dati personali, indirizzi e-mail e recapiti telefonici con la promessa di ricontattarvi: spesso si tratta soltanto di catene di Sant'Antonio.

9. Prendetevi sempre tutto il tempo necessario per riflettere e verificare la validità e l'autenticità dell'offerta. Diffidate di chi ha fretta di farvi concludere.

10. Non iscrivetevi a vostre spese a corsi o training di avviamento al lavoro. Di solito è l'azienda che assume a farsi carico delle spese. Nei rari casi in cui il corso viene addebitato al lavoratore, il corrispettivo viene detratto dal primo stipendio.


In ultimo vi aggiungo di diffidare di agenzie nel settore gastronomia che chiedono soldi per iscrizioni o altro che sono molto diffuse in Germania e non solo .Gastrojob - Gastrounion e Luca fantin Job chiedono soldi e ci sono centinaia di testimonianze in merito su numerosi gruppi facebook e forum ,quindi state alla larga 

Un tedesco su 6 non arriva a fine mese ,sara' vero ?

tedeschi poveri germania
L’ufficio federale di statistica tedesco ha pubblicato dati allarmanti. Il rischio di impoverimento non è mai stato così alto. Addirittura 3,1 milioni di lavoratori guadagnano così poco da scivolare al di sotto della soglia di povertà. Il rischio di povertà è sensibilmente maggiore tra le donne che tra gli uomini. Per circa la metà dei colpiti (1,5 milioni), già una vacanza di 1 settimana all’anno fuori casa non rientra nelle possibilità. Quasi 600.000 poveri hanno rinunciato ad una autovettura propria perché non se la possono permettere. Questi dati si basano sulle indagini delle famiglie. «Il numero di lavoratori che con il loro reddito stanno appena sotto o appena sopra la soglia per le prestazioni Hartz-IV è spaventosamente alta», ha detto al giornale la presidente della Vdk (Sozial Verband Vdk Deutschland), Ulrike Mascher. Per molte di queste famiglie il sussidio è evidentemente insufficiente per superare in un certo qual modo le difficoltà. La responsabile delle politiche sul mercato del lavoro dei Linke, Sabine Zimmermann, chiede un rapido aumento del salario minimo a 10 euro.
Per combattere il trend negativo serve inoltre, secondo la Zimmermann, introdurre dei limiti nei rapporti di lavoro, come anche arginare o abolire il lavoro interinale e i Minijob. Un’occhiata alle statistiche svela anche come ci siano grosse differenze regionali. Nel 2013 il rischio povertà era chiaramente più alto della Germania Orientale che nella ex Repubblica Federale. Il numero delle persone a rischio è del 19,8% nei nuovi Land e del 14,4% nella Germania occidentale, chiaramente superiore rispetto al valore degli anni scorsi. L’ufficio di statistica presenta i dati sul rischio di povertà sulla base del censimento del 2005. Da allora gli indici di povertà dell’est e dell’ovest si sono certamente avvicinati, tuttavia la minaccia della povertà rimane sensibilmente più alta nella Germania orientale. Nel 2005 il 20,4% dei tedeschi dell’est e il 13,2% dei tedeschi dell’ovest era ritenuto a rischio di povertà.
In Germania sempre più lavoratori riescono, a quanto pare, a vivere a malapena col loro reddito. Come riferisce il “Saarbrücker Zeitung”, secondo i dati dell’ufficio federale di statistica, alla fine del 2013 circa 3,1 milioni di lavoratori percepiscono un reddito al di sotto della soglia di povertà. Nel 2008 erano almeno 2,5 milioni. E’ un aumento del 25%. Soprattutto la cosiddetta quota a rischio di povertà raggiunge il livello record di 16,1%. E’ considerato a rischio di povertà chi, compresi tutti i sussidi statali come, per esempio, fondi per la casa o per i figli, raggiunge meno del 60% del reddito medio. Nel 2013 la soglia era di 939 euro netti al mese. Per le famiglie con 2 figli si parla di soglia di povertà quando il reddito familiare netto è inferiore a 2.056 euro. Molti non ce la fanno ad andare in vacanza. Una analisi dettagliata delle statistiche ci offre una visione più precisa della sgradevole situazione di molti cittadini. Svela che nel 2013, 370.000 lavoratori poveri non sono riusciti a pagare l’affitto entro la scadenza, 417.000 hanno rinunciato ad un riscaldamento adeguato, e 538.000 hanno risparmiato sul cibo e si sono preparati un pasto completo soltanto un giorno ogni due.
Nel 2005 Il pericolo di povertà è al minimo sia nel Baden-Wurttemberg che nella Baviera, è il più alto a Brema e nel Mecleburgo – Pomerania Anteriore. Nel 2013 il rischio di povertà è all’11,4% in Baden-Wurttenberg, e all’11,3 % in Baviera. A Brema e nel Meclemburgo è circa il doppio (24,6% Brema, 23,6 % Meclemburgo). A confronto con l’inizio della rilevazione nel 2005, il rischio di povertà è sceso con più vigore in Turingia e in Sassonia-Anhalt. E’ salito di più nel Nordreno-Vestfalia e a Berlino. Osservando le 15 città più popolose, il rischio povertà è il più basso a Monaco (11,4%) e a Stoccarda (13,4 %). Il più alto a Dortmund (26,4%) e a Lipsia (25,9%). Nel confronto col 2005 il rischio povertà è sceso ad Amburgo, Norimberga e Dresda. Nelle restanti città esaminate, il pericolo di povertà è salito dal 2005: l’aumento maggiore si è verificato a Duisburg, Dortmund, Düsseldorf e Colonia. Deludente è anche riconoscere che la Germania, col suo tasso di povertà medio del 16.1%, non se la cava bene in confronto all’Europa. Per la maggiore economia sociale e simbolo economico del continente non è certamente motivo di gloria che paesi come l’Irlanda, scossa dalla crisi, e la malata Francia, mostrino un tasso di povertà inferiore. Per non parlare di nazioni come i Paesi Bassi, la Norvegia (entrambi al 10.1%) o la Repubblica Ceca (9.6%), che chiaramente hanno punteggi migliori. Solo nazioni veramente in crisi come la Grecia (23.1%), la Spagna (22.2%) o l’Italia (19.4%) battono di molto la Germania.
(Nando Sommerfeldt, “La povertà minaccia un tedesco su sei”, da “Die Welt” del 24 gennaio 2015, tradotto da “Voci dal Mondo” e ripreso da “Blog-VoxPopuli”).
Fonte : Stopeuro.org

Il sussidio sociale hartz IV detto anche arbeitslosengeld

Negli ultimi mesi ho accompagnato molte italiane e molti italiani al Jobcenter per inoltrare le richieste di sussidio Hartz IV. Sulla base delle mie esperienze vorrei diffondere ciò che ho imparato al riguardo, senza aver pretese di esaustività, nella speranza di fare un po’ di chiarezza su questo “misterioso” sussidio.

Cos’è l’ Hartz IV?

L’ Hartz IV, anche detto Arbeitslosengeld II (da non confondere con Arbeitslosengeld I, ovvero il sussidio di disoccupazione) è un sussidio sociale dato a persone che hanno entrate mensili ridotte o che sono in cerca di occupazione (ma che non hanno diritto alla disoccupazione!*).

A chi mi devo rivolgere per richiederlo?

ll Jobcenter del quartiere in cui si è domiciliati è il vostro ente di riferimento.

Come si stabilisce se sono idonea/o?

Questa è la fase più ardua! Anzitutto il Jobcenter ha bisogno di una serie di informazioni sul vostro conto: sposata/o, convivi, figli, incinta, lavoro ecc.. Si dovranno quindi compilare formulari e consegnare molti documenti personali. Una volta ricevuto tutto il materiale necessario, il Jobcenter potrà lavorare alla vostra pratica e, se siete idonee/i, per lettera vi spedirà la Bewilligung, cioè la concessione del sussidio Hartz IV. Anche nel caso in cui non siate idonee/i, riceverete una lettera. I tempi di attesa sono anche di 6 settimane.

Se si è domiciliati a Berlino da meno di 3 mesi (fa fede la data dell’Anmeldung) non si ha diritto al sussidio. Eccezione viene fatta, però, per chi è domiciliato da meno di 3 mesi, ma lavora con un contratto da 451 euro in su, ovvero ha l’obbligo di avere la cassa malattia tedesca. In questo caso, si ha diritto al sussidio Hartz IV.

Generalmente sono idonee le persone che guadagnano meno di 890 euro al mese e non hanno beni (mobili o immobili) e non hanno più di 2.000 euro sui conti correnti.

Quali formulari e documenti devo consegnare?

A seconda del vostro stato civile e lavorativo, saranno da compilare diversi formulari. Se già sapete quali fanno al caso vostro, potete scaricarli qui: http://www.arbeitsagentur.de/nn_27908/zentraler-Content/Vordrucke/A07-Geldleistung/Allgemein/Formulare-Arbeitslosengeld-II.html

oppure attendete di parlare con una/un impiegata/o del Jobcenter che vi fornirà la lista di tutti i formulari e documenti da consegnare.

I documenti richiesti sono i seguenti (in fotocopia): documento d’identità, Anmeldung, tessera sanitaria tedesca, contratto d’affitto, contratto di lavoro (se l’avete) oppure lettera di licenziamento (o fine rapporto di lavoro), buste paga degli ultimi 3 mesi, movimenti bancari di tutti i conti correnti (anche italiani!) degli ultimi 3 mesi. Se avete un’auto o un immobile o altri beni, saranno da dichiarare.

Che cosa è compreso nel sussidio?

Il sussidio comprende un aiuto economico e un aiuto nella ricerca del lavoro o di una nuova formazione professionale.

L’aiuto economico. Il Jobcenter paga mensilmente: l’affitto (se la somma rientra nelle tabelle da loro previste) e i costi di riscaldamento, l’assicurazione sanitaria tedesca (Krankenkasse), e versa fino ad un massimo di 380 euro sul vostro conto. Inoltre, se si riceve il sussidio, si può richiedere presso un qualsiasi Bürgeramt il Berlin Pass, un tesserino nominale con foto, il quale dà il diritto a sconti in strutture sportive, al cinema, a teatro e soprattutto per l’abbonamento mensile dei mezzi pubblici (da acquistare sarà il mensile Ticket S a 36 euro). Nel caso in cui ci fossero carenze linguistiche (livelli A1-A2), si ha il diritto di frequentare gratuitamente il corso di lingua tedesca (Integrationskurs) presso una scuola da voi scelta tra quelle sovvenzionate.

Per quanto riguarda la ricerca del lavoro. È interesse del Jobcenter che si esca il prima possibile dalla condizione di necessità. Per questo motivo, presso il Jobcenter siedono gli Arbeitsvermittler, ovvero gli agenti di collocamento. Ogni utente riceve un agente di riferimento il quale dovrebbe aiutare a trovare un lavoro idoneo al vostro profilo. Mi permetto di dire “dovrebbe” perchè non ho ancora conosciuto nessuna/o che abbia trovato un lavoro grazie a loro. Vi aiutano a compilare il vostro profilo nella Jobbörse online per darvi visibilità sul mercato del lavoro e sono a disposizione per tutte le domande relative alla vostra figura professionale, ad esempio se volete specializzarvi oppure fare una Ausbildung. Sono loro che vi obbligano a seguire l’Integrationskurs (di cui sopra).

È bene che vi siate posti la domanda dei doveri perchè infatti ne avete! Con il vostro Arbeitsvermittler sottoscriverete un contratto in cui si dichiara che il Jobcenter si impegna a darvi l’aiuto economico e sostegno nel cercare lavoro, mentre, da parte vostra deve esserci l’impegno di: seguire attivamente il corso di lingua e consegnare gli attestati di frequenza; di mandare almeno un tot di candidature di lavoro mensili; presentarvi di persona ogni volta che vi viene richiesto (circa 1 volta ogni 6 settimane); comunicare quando siete malate/i (esattamente come fareste col vostro datore di lavoro); non assentarvi da Berlino per più di 21 giorni all’anno (!). Se venite meno ai vostri impegni, vi verrà sottratta una percentuale dal sussidio.

I mesi passano e non ho ancora trovato un lavoro (o le mie entrate sono ancora molto basse). Per quanto posso ricevere il sussidio?

Il sussidio è calcolato semestralmente. Ogni 6 mesi, infatti, c’è un conguaglio, sia economico che lavorativo. Vi viene chiesto quanto è stato esattamente guadagnato (alla consegna dei formulari vi viene chiesta una stima delle entrate), ovvero dovrete consegnare tutti i movimenti bancari di tutti i vostri conti correnti, così come tutte le buste paga. Nel caso abbiate guadagnato di più di quello che avevate stimato, dovrete restituire la somma eccedente del sussidio, perchè non vi spettava. Se invece avete effettivamente guadagnato meno di quanto avevate dichiarato, allora il Jobcenter vi pagherà la parte mancante.

Con l’Arbeitsvermittler, invece, si fa il punto della situazione (come va con la lingua, si rivede insieme il cv, vi vengono proposti nuovi lavori).

Alla fine dei 6 mesi dovrete rinnovare la vostra richiesta di sussidio, consegnando, stavolta, meno documenti (perchè già siete registrate/i), ma i tempi di attesa per ricevere la conferma dell’accettazione della vostra richiesta sono comunque di massimo 6 settimane.

Per le/i cittadine/i non tedesche/i che hanno lavorato meno di 12 mesi (anche non consecutivi) in Germania, dopo 6 mesi il sussidio non viene rinnovato. (Ho ricevuto questa informazione personalmente. Altre fonti mi hanno riferito non sia così. Potete provarci e vedere cosa decide l’impiegata/o di turno. Ho riscontrato una certa arbitrarietà nella lavorazione delle pratiche, purtroppo)

Informazioni generali

La comunicazione

La comunicazione con il Jobcenter avviene per lo più tramite lettere scritte in un burocratese spaventoso, anche per chi sa bene il tedesco. È disponibile anche un centralino per porre domande sul vostro profilo, se siete già utenti registrate/i. Con la sezione che si occupa delle finanze non avrete mai modo di parlare di persona (se non in casi eccezionali). L’Arbeitsvermittler sarà invece felice di vedervi ogni volta che vi chiamerà “a rapporto”!

Raramente viene parlata una lingua diversa dal tedesco nei Jobcenter. Molte persone che ho accompagnato mi hanno riferito che all’accettazione sono state pregate di tornare con un’/un interprete. Le impiegate e gli impiegati non sono tenute/i a conoscere lingue straniere e nemmeno a “perdere tempo” a comunicare a gesti con chi ha un livello elementare di tedesco.

Pensate bene anche a queste difficoltà prima di inoltrare la richiesta di sussidio! Non voglio qui disincentivare a far ricorso ad un vostro diritto, ma voglio sottolineare la difficoltà e la dipendenza che ne consegue da persone interpreti che traducono e mediano.

Aiuti linguistici e legali

Per la compilazione dei formulari ci sono degli enti che offrono questo servizio gratuitamente e sono l’ AWO e la UIL. Per avere informazioni generali potete rivolgervi al servizio sociale presso l’Ambasciata italiana. E per venir accompagnate/i, dovete confidare nell’aiuto di volontarie/i o persone che hanno un tariffario. Chiedete nei vari gruppi su facebook.

Se ritenete che il Jobcenter abbia fatto degli errori di calcolo del sussidio o che siano venuti meno ai loro doveri o abbiano leso i vostri diritti, rivolgetevi agli studi legali che fanno consulenza gratuita. Li trovate in rete.

Armatevi di tanta pazienza perchè gli errori e i ritardi da parte del Jobcenter non sono un’eccezione.

* si ha il diritto al sussidio di disoccupazione se si ha lavorato in Germania con copertura sanitaria tedesca per almeno 12 mesi, oppure se si prende tale sussidio già in Italia al momento dell’arrivo in Germania. In quest’ultimo caso è possibile fare il trasferimento della disoccupazione italiana presso il vostro nuovo domicilio. Gli enti responsabili sono l’ INPS in Italia e l’Agentur für Arbeit del vostro quartiere, in Germania.

Fonte ; Italiani a Berlino 

Ceto medio degli stranieri in difficolta' in Germania

In riduzione la classe media degli stranieri in Germania. Si allarga anche per chi non ha il passaporto tedesco la forbice tra ricchi e poveri

Aulösung der migrantischen Mittelsicht. Queste le parole con le quali il sociologo Robert Verwiebe apre un lungo articolo su “Das Parlament”, riportando dati per certi versi attesi, per altri versi allarmanti. Il messaggio è che la classe media degli stranieri in Germania, cioè di coloro che almeno economicamente figurano tra i meglio integrati nel tessuto produttivo del Paese, si sta riducendo, in un processo che ormai dura da anni.
La questione è se tale sviluppo prelude ad un semplice allargamento delle aree di povertà e ricchezza, o se siamo di fronte piuttosto ad un fenomeno nuovo, nel quale le dinamiche sono più complesse, caratterizzate da un sempre maggiore individualismo che si gioca al di fuori -o tra- le classi sociali tradizionali, spesso per un tempo limitato. In ogni caso, anche per gli stranieri è iniziata da tempo una fase di polarizzazione sociale: più ricchi, più poveri, meno ceto medio. Gli stranieri, si sa, sono da sempre nel mirino dei sociologi, insieme agli anziani, ai genitori singoli e alle famiglie numerose, in quanto soggetti a maggior rischio di povertà. Si tratta di una vecchia questione. Tuttavia, i numeri dell’ultimo rapporto sulle povertà del governo federale, che riporta a sua volta dati dal Sozio-oekonomische Panel (SOEP) dell’Istituto di ricerca economica DIW di Berlino, sono allarmanti perché mostrano una novità nella dinamica della povertà.
I dati SOEP indicano con evidenza che, negli ultimi anni, la condizione economica di molti migranti è peggiorata. Dopo la riunificazione tedesca, i migranti della classe media (con un reddito che va dall’80% al 140% del reddito medio tedesco) sono diminuiti di quasi dieci punti percentuali, passando da 47,1% del 1991 al 36,8% del 2012. Nello stesso anno 1991, anche la classe media formata da cittadini tedeschi vantava percentuali simili (48,7%). Pur accusando una recessione, la percentuale nel 2012 rimane però a 44,3%, cioè soltanto 4,4 punti in meno. Questo primo dato è indicativo di come la forbice della discrepanza sociale abbia seguito percorsi diversi. Se poi si vanno a vedere anche i dati relativi alla povertà e alla ricchezza, il dato diventa ancora più preoccupante. Nel 1991 erano ricchi (con oltre il 200% del reddito medio) lo 0,7% degli stranieri. Nel 2012 si passa al 3,5%, con un aumento quindi di 2,8 punti percentuali. Negli stessi anni, la percentuale dei cittadini tedeschi ricchi passa dal 6,4% al 8,8%, con un aumento simile.
La questione sta tuttavia nella povertà (meno del 60% del reddito medio). Negli stessi anni, essa passa dal 18,6% al 24,4% per gli stranieri (con un aumento, quindi, di quasi sei punti percentuali); mentre per i tedeschi le cifre sono rispettivamente del 12,1% e del 13,3% e l’aumento va poco oltre il punto percentuale. Più stranieri poveri nel corso degli anni, quindi, che tedeschi poveri. È chiaro infatti che, nel ventennio considerato, pur essendo valida per tutti la regola dell’erosione della classe media, gli stranieri sono scivolati molto più dei tedeschi nelle sacche del disagio. Tale considerazione diventa ancora più evidente se si guardano i dati relativi al cosiddetto stato di deprivazione sociale, che riguarda coloro che vivono al di sotto dello stato di povertà. Gli stranieri deprivati sono passati negli anni in questione (1991-2012) dal 4,6% al 11,2%, con un aumento quindi di 6,4 punti percentuali. I tedeschi deprivati sono, sì, aumentati dal 1,8% al 2,8%.
L’aumento è però molto più contenuto: un punto percentuale. Forse ancora più impressionanti in questo senso sono i dati relativi al sostegno sociale. Vivevano dello stesso nel 1991 il 2,7% dei cittadini stranieri. Nel 2012 il dato passa al 12,6%. (ma se si guarda soltanto ai cittadini di origine turca, si vede che il sostegno sociale viene elargito oggi ad un impressionante 17,2% della popolazione). Per contro i cittadini tedeschi bisognosi di sostegno sociale passano negli stessi anni dal 2,5% al 4,6%. I dati indicano quindi con molta chiarezza una tendenza: anche tra gli stranieri c’è stato qualcuno in grado di approfittare degli anni di vacche magre per aumentare la propria ricchezza. Tuttavia è evidente, in generale, lo scivolamento in uno stato di povertà o peggio di deprivazione sociale da parte di molti cittadini con passato migratorio. Interessanti sono, infine, i dati che riguardano i giovani al di sotto dei 30 anni, i quali, indipendentemente dal fatto se siano stranieri o tedeschi, hanno molte più possibilità di impoverire che di arricchire. Dice l’autore dello studio: “Il gruppo di età al di sotto dei 30 anni ha le minori chances, rispetto agli altri gruppi, di appartenere allo strato sociale medio o superiore.
Per ciò che riguarda il rischio di povertà, invece, il discorso è esattamente l’inverso. In quel caso, i rischi dei giovani sono particolarmente alti rispetto ai gruppi dell’età adulta”. Tuttavia, come si diceva, non sembra esserci grande differenza tra i giovani tedeschi e quelli con passato migratorio. “Questo dipende forse dal fatto- continua l’autore- che i giovani migranti arrivano più tardi a fondare un proprio bilancio familiare autonomo”. Questo, sempre secondo l’autore, diminuisce i rischi economici. Infine rilevanti (anche se non certo nuovi) i dati che indicano il rapporto tra i rischi di povertà e il grado di formazione. “Coloro che possiedono un titolo di studio terziario (cioè sul piano universitario) –afferma l’autore- corrono rischi notevolmente minori di entrare nell’ambito della povertà e, per contro, hanno chances maggiori di appartenere alle classi sociali più elevate. Persone senza titolo di studio, invece, entrano molto più frequentemente nel cerchio del disagio”. Da rilevare, tuttavia, che “nella Germania Ovest, l’elemento della formazione ha per i giovani migranti minore interesse, perché un diploma di formazione terziaria protegge meno contro i rischi di povertà e disagio sociale”.

Nuova immigrazione di Italiani in Germania

Giovani, senza figli, spesso single, con una buona formazione ma con competenze poco o nulla richieste dal mercato del lavoro, e senza conoscenza del tedesco. Questo il ritratto dei nuovi immigrati italiani in Germania

Su incarico del ministero federale della formazione e ricerca, il gruppo privato di ricerca statistica “.minor” ha messo a disposizione un ritratto in due volumi dei nuovi migranti italiani e spagnoli che, a partire dal 2008, hanno messo piede in Germania con l’intenzione per lo più di restarvi. La ricerca si è svolta su un campione significativo di quasi seicento italiani e quasi trecento spagnoli.
I dati, che a giudizio degli autori, sono “weitgehend repräsentativ“ - abbondantemente rappresentativi - forniscono un quadro che, per molti versi, non si distacca molto da quanto più o meno si sapeva del fenomeno, ma che, tuttavia, va molto nel dettaglio descrittivo. I ricercatori (per la cronaca: Sophie Duschl, Marianne Kraußlach e Christian Pfeffer-Hoffmann) hanno utilizzato il sistema classico delle domande incrociate a soggetti rappresentativi, arricchendo però la ricerca attraverso Blog e socialmedia.
Interessante nella ricerca è, tra le altre cose, anche il confronto tra la nuova immigrazione italiana e quella spagnola, che risultano per molti versi simili. Ciò significa che le fratture nel tessuto sociale e produttivo che questa crisi economica ha portato nei due Paesi sono molto simili tra loro. Ma veniamo al dettaglio. Anzitutto che età anno i nuovi immigrati? La risposta è inquietante. Sono quasi esclusivamente giovani. Tra gli italiani, il 60% sta tra i 26 e i 35 anni. Quasi il 95% hanno una età che va tra i 18 e i 45 anni. Quindi - e lo sapevamo - sono soprattutto i giovani a lasciare il Paese. E sono anche i giovani più scolarizzati. Non è una buona notizia per l’Italia e per tutti i Paesi dai quali questi ragazzi fuggono.
Facendo il confronto tra i dati degli italiani e degli spagnoli si nota che –come si diceva- la situazione del mondo del lavoro dei due Paesi sembra molto simile, in particolare per ciò che riguarda le incrostazioni clientelari. Dice ad esempio la spagnola Patricia: “In Spagna non trovi lavoro se non con raccomandazioni o attraverso parenti. Non c’è un mercato del lavoro aperto“. Bisogna poi anche ammettere che le stesse testimonianze raccolgono anche il desiderio - tutto italiano - di essere sovvenzionati e nutriti dallo Stato. Dice il 31enne Roberto: „C’è una certa leggenda attorno a Berlino. Alcuni hanno raccontato che si può vivere bene con 200 euro al mese. Se non hai soldi, lo Stato ti da qualcosa. Tu devi soltanto chiedere. Questo ha portato a un movimento di massa. Esagero un poco, ma c’è stata una certa propaganda!“
La ricerca mette comunque in tutta evidenza la estrema gravità della situazione italiana. Che si nota, tra l’altro, anche dalle regioni di provenienza dei giovani migranti. Sono soprattutto i giovani lombardi a lasciare il Paese. Seguono i veneti, i laziali, i campani, gli emiliano romagnoli, i toscani. Insomma, le regioni che fino a ieri erano i luoghi di attrazione della immigrazione interna, sono diventate terra di emigrazione. Il rovesciamento della tipologia degli emigranti, lo si vede anche dalla qualificazione che essi possono vantare. Il 75,8% sono accademici (di cui il 49,7% con un master in tasca; soltanto il 22,8 con un semplice baccalaureato). Il 3,3% può mostrare addirittura un diploma di dottorato. Tra le specializzazioni, spiccano i linguisti (15,9%) seguiti da economisti e sociologi (quasi l’11%). Relativamente pochi sono gli ingegneri (7,9%).
Se si dà un’occhiata –contemporaneamente- ai dati che riguardano l’immigrazione spagnola, si vedono molte similitudini, ma anche alcune differenze. Anche gli spagnoli, infatti, provengono soprattutto dalle zone più industrializzate del Paese, a cominciare dalle regione madrilena e dalla Catalogna. Essi, però, arrivano con più competenze tecniche e professionali. Sono ingegneri per il 22%; medici e infermieri per il 13,7%; matematici e fisici per il 8,7%. Insomma anche in emigrazione i giovani italiani pagano il pegno di un sistema formativo basato più sulla chiacchiera che sulla competenza in materie realmente spendibili sul mercato del lavoro. Ma andiamo avanti con le cifre. Un altro tra i punti dolenti dei giovani in arrivo è la conoscenza della lingua tedesca. Tra gli italiani, il 43,1% non ha alcuna conoscenza del tedesco, e soltanto il 1,9% arriva al livello C2, che è il minimo per tenere una normale conversazione con parole semplici e con una costruzione grammaticale accettabile. Se la cavano meglio con l’inglese, ma anche in quel caso, non è grasso che cola. Soltanto il 18,3% arriva al livello C2 e il 38% al livello C1. Insomma: parlare con qualcuno in Germania senza conoscenze di tedesco e con quel po’ di inglese imparato a scuola, diventa per il giovani italiani il problema più grave.
Alcune istituzioni pubbliche offrono corsi di lingua, anche gratuitamente, ma l’apprendimento di una lingua non è certo cosa che si sbriga in poche settimane. La precarietà e la scarsa progettazione della immigrazione emerge anche dalle domande a proposito della durata prevista del soggiorno. Il 39% dei giovani italiani non sa quanto rimane in Germania (addirittura il 51% dei giovani spagnoli). Quasi il 30% progetta un soggiorno breve: da pochi mesi a qualche anno. Non a caso, poi, i settori a cui i giovani si rivolgono sono soprattutto la gastronomia (20%) e l’arte, cultura e società (13,9%). Segue soltanto al terzo posto l’informatica (13,4%) e, al quarto, i servizi (10,4%). Su questo punto importante, la ricerca diventa però - ci pare - un po’ lacunosa.
Cosa significhi lavorare nella gastronomia, possiamo immaginarlo abbastanza bene, conoscendo le condizioni - spesso disastrose - del settore per chi vi è impiegato. Cosa però voglia dire, per un giovane italiano che conosce poco o nulla la lingua, lavorare nel settore “cultura, arte e società”, facciamo fatica ad immaginarlo. Forse si intende il suonare la chitarra per strada o il vivere nel sottobosco berlinese nell’attesa di una qualche chimerica sovvenzione dello Stato? Di più, il rapporto non dice. Rimane – dicevamo- l’impressione di una grande provvisorietà e di una quasi totale mancanza di progetto. Si viene in Germania quasi per fare un tentativo: o la va o la spacca. Ma in questo mondo così specializzato, questa non è senz’altro la metodologia vincente.
La testimonianza di Emilia (27 anni), arrivata in Germania senza conoscere la lingua e con una qualificazione tanto alta quanto poco richiesta (master in scienze politiche) la dice lunga sul tema: “Ho l’impressione che ci siano due tipi di migranti. Al primo tipo appartengono i migranti che arrivano per lavorare perché la loro specializzazione è molto richiesta, come ad esempio gli informatici. È il caso del mio compagno. È informatico e ha lavorato per la ditta (x). Io ho invece un master in scienze politiche. Quando il mio compagno è arrivato, ha avuto a disposizione una persona tedesca di una agenzia privata che lo ha aiutato in tutto. Non ha dovuto neppure presentare la domanda di immatricolazione. Questa persona ha cercato per lui un appartamento, gli ha tradotto il contratto di lavoro. Questo è veramente scandaloso. Significa che spendono migliaia di euro per fare in modo che tu, come informatico, rimanga a Berlino. Al contrario, quando sono arrivata e quando ho cominciato a lavorare, io non ho avuto nessun aiuto. Per fortuna i collaboratori parlano tutti inglese. E io guadagno 1200 euro al mese”. Emilia non lo sa, ma le poteva andare peggio.
Ciò che Emilia definisce „scandaloso“ è in realtà la condizione normale del mercato del lavoro in una nazione industriale: chi è richiesto trova i ponti d’oro; chi non è richiesto può tornarsene a casa. Stupiscono piuttosto l’ingenuità e le aspettative irrealistiche di alcuni di questi giovani, nonostante l’alta qualificazione. Dicevamo che ad Emilia poteva andare peggio.
La testimonianza di Chiara (25) che lavora nella gastronomia ne è la prova più evidente. “Le condizioni sono veramente cattive. Ti danno un contratto per un minijob (che prevede mediamente l’impiego per 10 ore alla settimana n.d.r.) ma si aspettano che lavori per 40 ore. La gastronomia è davvero il settore peggiore. Quando non si sa fare niente, si va lì. Nella gastronomia c’è veramente di tutto. C’è gente che si dimentica di pagarti. C’è gente che non ti paga e basta. Se lo possono permettere, di trattarti male, perché ce ne sono tanti che vogliono vivere qui e sono alla ricerca”. Altrove abbiamo parlato delle lodevoli iniziative dell’Amministrazione tedesca per accogliere questi giovani almeno con informazioni sul mercato del lavoro e con l’offerta di corsi di lingua. Abbiamo parlato anche dell’impegno solidale delle rappresentanze degli italiani in Germania. Manca ancora, nel tassello, l’impegno dell’Amministrazione italiana.